LA FERROVIA ALIFANA
NAPOLI - S.MARIA CAPUA V. - PIEDIMONTE MATESE

LA FERROVIA ALIFANA DAL DOPOGUERRA AGLI ANNI SETTANTA

di Roberto Ferrazza

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3. L’ESERCIZIO DELLA CONCESSIONE MEDIANTE IL SERVIZIO AUTOMOBILISTICO (IL C.D. TERZO TRONCO)

a.  I servizi di autolinea sostitutivi e integrativi negli anni Cinquanta e Sessanta

In attesa della ricostruzione del tronco alto e del ripristino del tronco basso (che avvenne in breve tempo, essendo già attivo nel 1946), il Ministero dei trasporti, subito dopo la guerra, al fine di assicurare le comunicazioni tra Napoli e Piedimonte Matese già servite dalla ferrovia, autorizzò la Gestione commissariale governativa della Ferrovia Napoli – Piedimonte d’Alife (FNP), oltre a molte altre ferrovie in concessione, ad esercitare servizi stradali paralleli sostitutivi o integrativi.

Questi servizi, già consentiti dal Regio decreto legge 14 ottobre 1932 n. 1496, erano svolti con servizio automobilistico sulle strade limitrofe alla sede ferroviaria, cercando di raggiungere le medesime fermate e stazioni della ferrovia. I servizi automobilistici sostitutivi potevano provvisoriamente o definitivamente sostituire l’esercizio ferroviario, mentre quelli integrativi, variabili secondo le esigenze, supportavano la ferrovia, più o meno intensamente, nel caso in cui essa non fosse stata in grado di sostenere da sola il bacino di utenza.

Fra l’altro, poiché il servizio di autolinee (integrativo e sostitutivo) era inserito nel bilancio della concessionaria di ferrovia, l’autorizzazione all’esercizio automobilistico poteva agevolare il miglioramento della deficitaria situazione economica, consentendo la parziale sostituzione di talune corse ferroviarie con autolinee, più economiche.  E di questa possibilità sostitutiva (e integrativa) si avvalsero sempre le società proprietarie della Ferrovia Alifana nel dopoguerra, organizzando un ampio servizio parallelo automobilistico al fianco della ferrovia. 

Oltre alle autolinee in concessione alla Ferrovia Alifana, vi erano poi quelle affidate a concessionari privati e pubblici, al fine di realizzare una maggior offerta di servizio di trasporto alle popolazioni interessate, in considerazione del fatto che una parte della ferrovia era distrutta, mentre l’altra parte risultava inadeguata. Inoltre, l’istituzione di un servizio stradale consentiva di collegare ulteriori paesi limitrofi al percorso ferroviario, nonché migliorava i collegamenti con gli stessi paesi raggiunti dalla ferrovia, dato che le stazioni ferroviarie erano piuttosto distanti dal centro abitato, mentre gli autobus potevano farvi ingresso.

In effetti, le concessioni di autolinee ad imprese private aumentarono notevolmente dopo la guerra, proprio con riguardo alla grande attenzione che i piani strategici governativi della viabilità attribuivano al trasporto su gomma: i servizi di autolinea assunsero così uno sviluppo veramente imponente, acquistando un'importanza crescente nel quadro dell’economia dei trasporti in Italia, almeno fino alla grande crisi subita a partire dalla fine degli anni Sessanta, con l’esplosione del processo di motorizzazione del Paese. 

Le tariffe previste per il servizio integrativo/sostitutivo con automezzi dovevano essere le medesime di quelle previste per i treni (e inferiori a quelle delle altre autolinee ordinarie in concessione), adottando tutte le agevolazioni e gli sconti sui biglietti e gli abbonamenti riservati ai c.d. pendolari (operai, impiegati, studenti)1; in realtà, le tariffe delle autolinee dell’Alifana, per ragioni di bilancio, subirono ben presto una maggiorazione rispetto a quelle originarie, superando anche quelle delle ferrovie statali. Gli aumenti delle tariffe dei servizi automobilistici furono comunque concordati con gli altri concessionari presenti nelle zone interessate dalla ferrovia, con il benestare dell’Ispettorato della Motorizzazione di Napoli.    

A fronte degli aumenti dei costi dei biglietti, l’istituzione di un’autolinea per l’Alifana sovvenzionata dallo Stato con maggiori agevolazioni tariffarie, soprattutto per i lavoratori e gli studenti, fu sempre rigettata dal governo e dal ministero dei trasporti.

Nota

1Nel 1950, il costo del biglietto era pari di 4 lire a viaggiatore-km, a lire 3 per gli abbonamento mensili e i biglietti di andata-ritorno, e  lire 1,80 per gli operai. Nel 1966, il costo del biglietto salì a 7 lire viaggiatore-km.    

 

b. Il servizio automobilistico (sostitutivo) sul tronco alto

Come già anticipato, sin dall’immediato dopoguerra, la Gestione commissariale governativa1 della Ferrovia Alifana fu autorizzata ad esercitare il servizio di autolinee sostitutive relativo al tronco alto (Piedimonte d’Alife – S. Maria Capua Vetere), in attesa della ricostruzione della ferrovia; al contempo, analoga concessione di autolinea fu conferita anche a privati (ma limitatamente ad un’unica coppia di corse giornaliere), onde potenziare il servizio complessivo di trasporto per la popolazione dell’alifano.  La linea in oggetto, per motivi pratici, fu divisa in due tratte:

1) Piedimonte d’Alife – Caserta (53 km). Il percorso stradale seguiva, nella parte iniziale, quello della ferrovia:  Piedimonte, Alife, Dragoni, Alvignano, Caiazzo, Piana di Caiazzo (ora di Monte Verna), Pontelatone R., S. Angelo in Formis, S. M. Capua Vetere. Da qui il percorso era prolungato per Caserta (ritornata ad essere, nel 1945, capoluogo di provincia), raggiunta tramite la via Appia, il cui collegamento era stato ottenuto dalla Gestione commissariale in aggiunta all’originaria previsione del disciplinare di concessione.

Dopo il 1953, con l’apertura di una nuova strada, si introdusse, per alcune corse, una variante nel tratto Piana di Caiazzo – Caserta, venendo tale centro direttamente raggiunto, via Fagianeria e S. Leucio, senza passare da S. Maria Capua Vetere.

2) Piedimonte d’Alife - Napoli (84 km). Il percorso stradale ricalcava quello precedente fino a Caserta, con un prolungamento diretto per Napoli, via Caivano, senza passare per Aversa, così come invece previsto dall’originaria concessione della Ferrovia Alifana: collegare direttamente Caserta con Napoli significava abbreviare notevolmente i tempi di percorrenza del servizio da Piedimonte, evitando tutte le stazioni intermedie fra S. Maria Capua Vetere, Aversa e Napoli.  In effetti, il collegamento  Napoli – Aversa – S. Maria Capua Vetere era già garantito dal servizio ferroviario, nonché dal servizio automobilistico afferente alla tratta bassa.

Nel 1946, il servizio veniva esplicato con solo due coppie di corse giornaliere fra Piedimonte d’Alife e Caserta, e una terza coppia di corsa che partendo da Napoli per Piedimonte d’Alife alla mattina, faceva ritorno a Napoli nella stessa giornata. In effetti, questo tronco, come già rilevato precedentemente, aveva un traffico molto più limitato rispetto al tronco basso, nel quale il servizio automobilistico assunse dimensioni molto più consistenti.   

Inizialmente, la Gestione Commissariale della Ferrovia Napoli – Piedimonte (FNP) si avvalse di automezzi propri. Poi, nel 1949, affidò il servizio alla società S.I.T.A. (Società Italiana Trasporti Automobilistici), per un anno. Quindi, il 18 novembre 1949 invitò i concessionari della zona alla gara per il noleggio per i servizi sostitutivi del tronco alto. Vinse la società anonima Fratelli Pannella di Napoli che esercitò il servizio dal 1° gennaio 1950, con cinque coppie di corse giornaliere, per la durata di un anno, obbligandosi a dare alla Ferrovia il 40% degli incassi lordi.

Il contratto fu rinnovato nel 1951, per un triennio, ancora con la società Pannella, che vinse la concorrenza di un consorzio dell’alifano formato da concessionari della zona (ditte E. Fortuna, R. Ferrazza, G. Di Franco, M. Ferrazza). Nel rinnovo, le coppie di corse giornaliere per Napoli aumentarono da 5 a 7 e furono aggiunte due coppie di corse giornaliere nella tratta Ruviano (6 km a nord di Caiazzo) – Napoli (62 km), le quali, a Caiazzo, si immettevano nel percorso principale della linea per Caserta e Napoli.

Tuttavia, onde evitare ogni concorrenza e duplicati di corse sullo stesso percorso, la società Fratelli Pannella, in accordo con la Gestione Commissariale, volle coinvolgere ugualmente i concessionari locali, consorziandosi con loro nell’aprile 1952. Si crearono così i Servizi Automobilistici Alifani [ved. FOTO 1], i quali, oltre alla tratta principale Napoli (P. Principe Umberto)– Piedimonte d’Alife (P. Mercato ora Roma), garantivano, mediante nove automezzi, il collegamento con Capua, nonché con le diramazioni: S. Potito Sannitico, S. Gregorio e Castello d’Alife, Raviscanina e S.Angelo d’Alife,  Baia e Latina, Alvignanello e Ruviano; Telese e Gioia Sannitica; Pietravairano e Caianello Scalo.

Il consorzio durò fino alla metà del 1954, quando fu dichiarato il fallimento della società dei Pannella.

Nel 1955, dopo il ritorno alla gestione della concessione della società francese Compagnie des Chemins de Fer du Midi de l’Italie2, il noleggio degli automezzi, con contratti annuali, fu affidato alla società  C.E.T.A. s.r.l. di Napoli (Compagnia Esercizio Trasporti Automobilistici), la nuova società costituita dalla famiglia Pannella, la quale garantiva il servizio anche per il tronco basso (ved. infra 3c). Per tale motivo, questa società fu sempre preferita alla ditta Roberto Ferrazza, che limitava la sua offerta al solo servizio sostitutivo per il tronco alto. Il noleggio della C.E.T.A., relativo ai servizi automobilistici di entrambi i tronchi della ferrovia, durò fino al giugno 1964.  

Con gli anni, il numero di corse di autobus fra Piedimonte d’Alife e Napoli raddoppiò e furono istituite due coppie di corse da Ss. Giovanni e Paolo (1,5 km ad est di Caiazzo), che si aggiunsero a quelle che partivano da Ruviano. Nel 1961, poco prima del ripristino della ferrovia, avvenuto nell’aprile 1963, le coppie di corse sulla tratta NapoliCaserta – Piedimonte e diramazioni (Ruviano e Ss. Giovanni e Paolo) erano divenute 14.

Intanto, nel 1956, la Compagnie aveva ottenuto, unitamente alla ditta Roberto Ferrazza, un’ulteriore concessione per la linea gran turismo Napoli – Matese3 [ved. FOTO 2], esercitata nei mesi di luglio e agosto mediante una coppia di corse giornaliera.  

Anche dopo il ripristino della ferrovia del tronco alto (aprile 1963), la nuova società concessionaria dell’Alifana, la Compagnia delle Ferrovie del Mezzogiorno d’Italia s.p.a.4  continuò ad avvalersi del servizio automobilistico, seppur nella mutata funzione integrativa5, avendo previsto di assorbire con la ferrovia fino al 70% dei viaggiatori delle autolinee sostitutive (calcolati in 517.000 unità). Nel 1964, furono comunque eliminate la corse sull’intera tratta Napoli – Piedimonte d’Alife (ormai il collegamento diretto con Napoli era assicurato dalla nuova ferrovia), mentre rimasero due coppie di 2 corse giornaliere sulla tratta intermedia fino a Caserta (ved. infra paragr. 3 d) e quattro coppie di corse fra Caiazzo-diramazioni e Caserta6. Inoltre, a supplemento della concessione, la Compagnia ottenne l’ulteriore diritto di collegare il centro di Piedimonte e le sue frazioni (Sepicciano, S.Potito Sann.) con la stazione ferroviaria.

Note

1Commissario Governativo della ferrovia, fino al 1953, fu l’ing. Michele Costa, che rivestì contemporaneamente anche la carica di Ispettore della Motorizzazione per le regioni Campania e Basilicata. L’ing. Costa collaborò alla progettazione del nuovo tracciato della ferrovia del tronco alto; fu sostituito dall’ing. Zaccaria Lubrano. Alla direzione del Servizio Autolinee fu invece preposto il cav. Luigi Palumbo che rivestì la carica fino ai primi anni Sessanta. 

2Con l’avvento alla gestione della Compagnie des Chemins de Fer du Midi de l’Italie fu nominato direttore di esercizio l’ing. Ernesto D’Andrea che rimase in carica fino al marzo 1962.

3La linea, stagionale estiva, partiva da Napoli (piazza Principe Umberto, poi da piazza Matteotti), passava per Aversa, S.Maria Capua Vetere, Caserta, S.Leucio, Vaccheria, Caiazzo, Alvignano, Alife, Piedimonte, Castello d’Alife, S. Gregorio per arrivare al Matese (Passo di Prete Morto, poi fino a Miralago), in 2h  e 45’. Inizialmente lunga 96,5 km, passò in seguito a 101 km, per circa 12.500 km annui; la proposta di Roberto Ferrazza di un suo prolungamento fino a Campobasso, tramite la strada appena realizzata (ex interprovinciale 76), fu rifiutata dalla Compagnie. Le due imprese continuarono a co-gestire il servizio [ved. FOTO 3] fino al 1966, poi la Compagnia rinunciò alla concessione alla fine di marzo 1967, lasciando unico concessionario Roberto Ferrazza, il quale, a sua volta, rinunciò alla linea nel 1969, in quanto ormai improduttiva.

4Durante la gestione della Compagnia delle Ferrovie del Mezzogiorno d’Italia fu nominato direttore di esercizio l’ing. Giuseppe Paolella che rimase in carica fino all’ottobre 1968.

5Dopo il passaggio della proprietà della Compagnia alle T.P.N. (ved. infra 3e), società pubblica concessionaria di molte autolinee campane, il servizio integrativo automobilistico dell’Alifana, a partire dagli anni Settanta, confluì in un programma organico di trasporti regionale, perdendo la sua funzione originaria di stretto legame con l’esigenze della ferrovia.    

6Purtroppo, il servizio ferroviario del tronco alto non riuscì a decollare pienamente, soprattutto per ragioni di bilancio. Nel 1975, a 12 anni dal ripristino, il servizio era svolto da quattro automotrici e da appena due rimorchiate e non riuscì a fronteggiare l’aumento di utenza determinatosi, soprattutto negli anni 1973-75, a causa della crisi energetica. Per tali motivi, la ferrovia fu sempre affiancata da un servizio (pubblico e privato) parallelo di autobus che alleggeriva il traffico viaggiatori sui treni sociali, sulla tratta Piedimonte –Caserta, e che con gli anni aumentò fino ad arrivare a 11 coppie di corse giornaliere. 

 

c. Il servizio automobilistico (integrativo) sul tronco basso

Parimenti, sul tronco basso (Capua) S. Maria Capua Vetere – Napoli, dove la linea ferroviaria venne ripristinata e presto riattivata, fu esercitato un servizio di autolinee, con funzione integrativa, mediante numerose corse automobilistiche fra S. Maria Capua Vetere e Napoli, allo scopo di collegare tutti i centri attraversati dalla ferrovia. Pure in questo caso, alle corse in concessione all’Alifana, si affiancavano quelle altrettanto numerose effettuate dai concessionari di autolinee della zona, in concorrenza con la stessa ferrovia.

Già prima del 1950, il servizio integrativo di autolinee sulla tratta bassa iniziò ad assumere un ruolo rilevante in rapporto al servizio ferroviario, articolato inizialmente in undici coppie di corse giornaliere.  Fra l’altro, a fronte del più economico, veloce e duttile servizio di autolinee, quello ferroviario non aveva continuità di esercizio per le frequenti interruzioni dovute essenzialmente al malfunzionamento dei materiali, vetusti e obsoleti1.

Col passare del tempo, il ruolo degli automezzi diventò preponderante, non solo perché essi dovettero fronteggiare l’aumento di utenza, ma anche perché la diminuzione progressiva di efficienza per vetustà del materiale rotabile del tronco basso ridusse drasticamente la capacità di trasporto di ciascun convoglio ferroviario.

La concessionaria fu quindi via via autorizzata ad incrementare il servizio automobilistico, a parziale sostituzione delle corse ferroviarie soppresse, con frequenze di corse ogni 20 minuti. Inoltre, le autolinee dovettero sostituire il servizio ferroviario per collegare quelle stazioni situate sulle tratte soppresse, temporaneamente o definitivamente2. Non solo, ma la Compagnia ottenne pure la concessione per collegare con autolinee centri abitati non raggiunti dalla linea ferroviaria e non previsti dall’originario disciplinare di concessione, come Parete e Casal di Principe3.

Al fine di snellire i tempi di percorrenza, soprattutto per Aversa e S. Maria Capua Vetere, la linea dell’Alifana bassa fu divisa in due percorsi principali, poiché la sede stradale non sempre affiancava  quella ferroviaria: il primo, da Napoli (capolinea piazza Dante), saliva per Capodimonte fino a raggiungere Miano e Piscinola, e ponendosi in parallelo alla sede ferroviaria, perveniva a (bivio Marano) Mugnano e Giugliano; quindi, da Giugliano,  la linea proseguiva nel casertano per Parete, Trentola Ducenta, S. Marcellino, Frignano e Casal di Principe. Una linea secondaria del percorso, giunta a Trentola Ducenta, deviava per Casaluce.

Il secondo percorso, il più frequentato, partendo sempre da Napoli (capolinea piazza Principe Umberto), raggiungeva Capodichino, Secondigliano, Melito e poi, tramite la SS 7 bis, Aversa, Teverola e poi fino a S. Maria Capua Vetere (piazza S. Pietro). Una linea secondaria di questo percorso, giunta ad Aversa, deviava ancora per Casaluce.   

All’inizio degli anni  Sessanta, il servizio automobilistico integrativo per il tronco basso era così attuato, con circa 30 automezzi [ved. FOTO 4]:   

1a) Napoli – Parete – Frignano – Casal di Principe (29 km), con 48 c.c.g. 

1b) Napoli - Trentola Ducenta – Casaluce (20 km), con 6 cc.g.

2a) Napoli – Aversa – S. Maria C. Vetere (30 km), con  48 c.c.g.

2b) Napoli – Aversa  - Casaluce  (20 km), con 28 cc.g.   

Occorre precisare che il programma di corse era riferito ai giorni feriali, in quanto nei gironi festivi il numero di corse, come sempre avvenuto (anche per il tronco alto), veniva ridotto sensibilmente.

Considerando l’alto numero di corse automobilistiche previste già negli anni Cinquanta - a fronte della progressiva limitazione del numero di corse dei treni o della loro soppressione -, era da porsi l’interrogativo se il servizio integrativo di autobus per l’Alifana bassa fosse solamente integrativo (per l’altro numero di utenza) o addirittura in gran parte sostitutivo.

Anche per la linea relativa al tronco basso, le società concessionarie della Ferrovia Alifana si avvalsero del noleggio degli autobus, preferendo non acquistare mezzi propri. Come per le autolinee del tronco alto, il contratto di appalto fu stipulato dal 1950 con la società dei fratelli Pannella, e poi, dalla metà degli anni Cinquanta fino al giugno 1964, con la società C.E.T.A., sempre di proprietà dei Pannella.

Note

1All’inizio del 1975, un anno prima della interruzione del servizio ferroviario del tronco basso, solo due delle automotrici originarie erano rimaste in servizio. 

2Ved. ad. es.  l’eliminazione del tratto cittadino piazza Carlo III – Scalo merci; o della tratta S. Andrea dei Lagni – S. M. Capua Vetere – Capua.

3All’epoca, Parete si trovava sull’asse di comunicazione (SP 27) fra Giugliano e Trentola Ducenta (sedi di stazione della ferrovia), mentre Casal di Principe era facilmente raggiungibile da Frignano, tramite la SP 17.

 

d. Il noleggio delle ditte Ferrazza e Di Franco (luglio 1964 –  gennaio 1969)  

Come detto, per l’esercizio della concessione di autolinee, integrative o sostitutive, la Gestione commissariale governativa, prima, e la Compagnie des Chemins de Fer du Midi de l’Italie, poi, non si avvalsero di automezzi di proprietà, ma ricorsero al loro noleggio, mediante appalto autorizzato dal Ministero dei Trasporti: l’impresa noleggiatrice – che normalmente era pure concessionaria delle stesse linee o limitrofe - forniva gli autobus (che dovevano viaggiare sotto le insegne di “Ferrovia Alifana”), facendosi carico di tutte le spese e provvedendo al loro rifornimento, pulizia e manutenzione, mentre i conducenti e i fattorini dovevano essere invece dipendenti della Compagnia. Gli incassi dei biglietti erano divisi, in diversa percentuale, fra l’impresa noleggiatrice e l’Alifana. Il contratto di noleggio normalmente aveva la durata annuale, rinnovabile salvo disdetta.

Il Ministero dei Trasporti non ravvisò mai l’opportunità che la società concessionaria assumesse il pieno esercizio delle autolinee, considerato che tali autoservizi dovevano essere ridimensionati appena fosse stato possibile ripristinare il servizio ferroviario sull’intero percorso.

Alla fine del 1963, dopo la cessione della ferrovia ad una società italiana con sede in Roma1 e il cambio dell’organo amministrativo, la situazione mutò per quanto riguarda la società appaltatrice del noleggio: la Compagnia delle Ferrovie del Mezzogiorno d’Italia s.p.a.2, la nuova concessionaria,  decise di non  rinnovare il contratto con la C.E.T.A. s.r.l., in scadenza a fine giugno 1964, e avviò le ricerche per un’adeguata sostituzione. Si pretendeva, in primo luogo, il noleggio di automezzi nuovi o di recentissima fabbricazione, per evitare che la vetustà o l’usura dei mezzi creasse frequenti interruzioni del servizio pubblico.  

Dopo le relative ricerche e istruttorie, la scelta dell’amministrazione3 cadde, nel marzo 1964, sulla famiglia Ferrazza, di Piedimonte d’Alife, e su Giosuè Di Franco, di Alife, che gestivano servizi in concessione di autolinee sulla medesima tratta o su tratte limitrofe al tronco alto dell’Alifana4. Queste famiglie, come si è visto, avevano già collaborato con la ferrovia Alifana nei primi anni Cinquanta, sulla tratta Napoli – Caserta - Piedimonte Matese. In particolare, la ditta Roberto Ferrazza – che più volte, negli anni precedenti, aveva manifestato la disponibilità ad assumere il noleggio per il tronco alto – era, come si è detto, pure co-concessionaria, sin dal 1956, unitamente all’Alifana, dell’autolinea gran turismo Napoli – Matese.

A questo punto, la Compagnia stabilì di scorporare il noleggio per i due tronchi, affidando quello per la tratta alta ai concessionari delle autolinee, mentre quello per la tratta bassa, di entità nettamente più rilevante, pensò di affidarlo ai figli dei concessionari stessi, giovani di età compresa fra i 24 e i 33 anni, ma con collaudata esperienza nel settore, onde evitare che si confondesse la gestione del noleggio per l’Alifana e la gestione delle autolinee in concessione, con negative ripercussioni sul servizio, come si era verificato nei noleggi precedenti.

Si predisposero, quindi, per il luglio 1964, due contratti di appalto: con il primo contratto, relativo alla concessione di autolinea Piedimonte – Caserta e diramazioni (Alifana alta), il noleggio fu affidato alle  imprese concessionarie di autolinee dell’alifano (ditta Roberto Ferrazza, ditta Eredi di Michele Ferrazza, ditta Giosuè Di Franco); con il secondo contratto, relativo alle concessioni di autolinee sul percorso dell’Alifana bassa, il servizio di noleggio fu invece affidato ai figli5 dei concessionari sopra citati, capitanati da Guido Ferrazza, al fianco del quale si unirono i cugini Angelo e Luciano Ferrazza (figli di Michele) e Vincenzo Di Franco (figlio di Giosuè). Costoro - come detto, privi della titolarità di concessioni di autolinee - costituirono una società di fatto (Ferrazza-Di Franco-Ferrazza) per l’esecuzione del contratto di noleggio.

I contratti furono sottoscritti entrambi il 15 luglio 1964 (con decorrenza del servizio per il 16 luglio6) e registrati all’Ufficio del Registro di Piedimonte Matese. Avevano una durata triennale: la scadenza originaria dei noleggi era prevista per il 30 giugno 1967, ma con diverse proroghe, fu poi prolungata fino al 31 gennaio 1969. Il corrispettivo del noleggio, stabilito sotto il controllo del Ministero dei trasporti, era commisurato ad ogni autobus-chilometro percorso in servizio pubblico, mentre gli incassi erano tutti devoluti alla Compagnia.

Le tratte interessate dal primo contratto di noleggio, relativo al servizio automobilistico integrativo della ferrovia Alifana sulle tratte Caserta – Piedimonte d’Alife e diramazioni (Ruviano e SS. Giovanni e Paolo), erano quattro:

1) Caserta – Piedimonte (km 53)  

2)  Caserta – Ruviano (km 33)   

3) Caserta - SS. Giovanni e Paolo (km 28)

4) Collegamento treni con Piedimonte centro e frazioni (in coincidenza con l’arrivo dei treni sociali).

I chilometri di concessione erano circa 180.000 km annui, notevolmente diminuiti rispetti agli anni precedenti, essendo ormai in funzione il nuovo servizio ferroviario. Era prevista una coppia di corse giornaliere sulle prime tre tratte, alle quali si devono aggiungere quelle effettuate da Roberto Ferrazza quale concessionario in proprio (5 c.c.g  Piedimonte - Caserta e 2  c.c.g. Caserta - Ruviano); nei mesi estivi non veniva effettuato il collegamento Caserta – SS. Giovanni e Paolo.

Complessivamente, per l’esecuzione di questo contratto di noleggio, furono richiesti dalla Compagnia, in buono stato e di recente fabbricazione, quattro pullmann Fiat 309/1, più uno di riserva.

Le tratte interessate dal secondo contratto di noleggio, relativo al servizio automobilistico integrativo della ferrovia Alifana sul tronco Napoli - S.M. Capua Vetere7, erano tre:   

1) Napoli - Aversa - S. Maria Capua Vetere (30 km)  

2) Napoli – Aversa – Casaluce (20 km)

3) Napoli – Parete – Frignano - Casal di Principe (29 km).

Per le prime due linee il capolinea, a Napoli, era posto a via Carriera Grande (vicino piazza Principe Umberto), mentre per la terza, era posto a via Micco Spadaro (vicino piazza Dante). A S. Maria Capua Vetere, il capolinea era posto a piazza S. Pietro.

I chilometri annui di concessione erano poco più di 1.900.000 (progressivamente ridotti nelle proroghe).

Rispetto al programma indicato nel 1961, oltre alla soppressione della tratta minore Napoli – Trentola Ducenta – Casaluce, vi era una diminuzione complessiva di circa 300.000 chilometri annui.     

Per l’esecuzione del contratto di noleggio per il tronco basso, furono richiesti dalla Compagnia 23 pullmann nuovi (n. 10  FIAT 309/1 [ved. FOTO 5], da impegnarsi sulla tratta Napoli – Frignano,  e n. 13  FIAT 306/3, da impegnarsi sulla tratta Napoli - Aversa – (Casaluce) -  S. Maria Capua Vetere), più due di riserva (di fabbricazione non anteriore al 1963)8.  

In data 1 luglio 1966 fu stipulato un contratto integrativo riguardante il noleggio di autobus per il breve tratto in Napoli fra lo Scalo Merci dell’Alifana e via Carriera Grande (km. 2,6, andata e  2,8 km, ritorno), ossia un collegamento fra il capolinea dei treni e quello degli automezzi per Aversa  e  S. Maria Capua Vetere (anche detto noleggio era stato in precedenza affidato alla C.E.T.A.).

Il servizio, al quale furono adibiti 3 automezzi FIAT 309 [ved. FOTO 6], prevedeva 34 coppie giornaliere di corse, nei giorni feriali, e 21 coppie di corse, nei giorni festivi. Per l’esecuzione del contratto si creò una seconda società di fatto, costituita il 1° luglio 1966, detta  G. A. & L. Ferrazza, i cui soci partecipanti erano unicamente Guido e i cugini Angelo e Luciano Ferrazza.

La sede legale della società Ferrazza-Di Franco-Ferrazza e della G.A.L. Ferrazza  era a Piedimonte d’Alife (ora Matese), ma la sede amministrativa era a Napoli, Corso Malta 169, vicino allo Scalo Merci dell’Alifana, all’interno del quale fu collocata la principale sede operativa9 delle società, costituita da un capannone di 400 mq. con struttura di ferro, operante come rimessa e come officina, mentre nell’adiacente area scoperta di 3.000 mq. furono impiantati lavaggio e distributore di gasolio (il tutto, realizzato per l’occasione, fu smontato ed eliminato alla fine del contratto di noleggio).

Altra rimessa era situata in S. Maria Capua Vetere, via Galatina (3 pullmann ricoverati con un operaio addetto), con lavaggio e distributore di gasolio, mentre a Frignano era previsto un appoggio presso un distributore di benzina per il solo lavaggio.

L’orario del servizio di autolinee era ampio, compreso fra le 4,40 e le 23,10; nell’intervallo, durante la notte, si provvedeva alla pulizia e alla riparazione degli automezzi.

 

Note

1Nel 1962, un anno prima del ripristino del servizio ferroviario sul tronco alto, la società francese Compagnie des Chemins de Fer du Midi de l’Italie cedette la titolarità della Ferrovia Alifana alla società italiana Impresa Pietro Cidonio  s.p.a. di Roma. Il subingresso fu autorizzato con D.M. n. 345 del 14 febbraio 1962, con retrodatazione al 30 gennaio 1962 (dato gentilmente fornitoci dal libro “Mitica Alifana” di G.G. Caracciolo e A. Lutri, Imago Editrice 2009). L’Impresa Pietro Cidonio s.p.a. di Roma, antica e importante società di costruzioni di infrastrutture (edili ferroviarie portuali e idrauliche), si era distinta, nel settore ferroviario, prima della guerra, nella ricostruzione della Ferrovia del Gargano. Entrò quindi, nel 1963, nel gruppo della Società Italiana per condotte d’acqua s.p.a. di Roma, anch’essa importante società di costruzioni (fondata nel 1880); entrambe le società, agli inizi degli anni Settanta, furono acquisite dall’IRI-ITALSTAT e, dopo le recenti privatizzazioni, sono ancora oggi società di grande rilevanza nel settore delle costruzioni di infrastrutture.

2 La denominazione fu mutata (ossia, tradotta) in Compagnia delle Ferrovie del Mezzogiorno d’Italia s.p.a. nel marzo 1962. Nel 1964, il suo capitale sociale risultava essere di lire 70 milioni.

3Amministratori delegati e legali rappresentanti della Compagnia erano, a quel tempo, l’ing. Giovanni Cidonio e l’avv. Gabriele Lavaggi, il cui ufficio era collocato a Roma, Viale Liegi 26, mentre la direzione di esercizio era collocata nella sede storica dell’Alifana a Napoli, piazza Carlo III. Cidonio e Lavaggi erano anche consiglieri delegati della Impresa Pietro Cidonio s.p.a. di Roma.

4Roberto Ferrazza (1897-1974) era concessionario di autolinea della tratta S. Gregorio (Matese) - Caserta, di 67 km complessivi, la cui tratta Piedimonte – Caserta era esattamente coincidente con la tratta di autolinee in  concessione all’Alifana. A Caiazzo, poi, si connetteva anche un’altra linea in concessione a Roberto Ferrazza, la Piedimonte – Gioa Sannitica - Caserta, proveniente da Ruviano.  Giosuè Di Franco aveva in concessione la tratta Alife – Napoli e S. Angelo d’Alife - Caserta, mentre gli eredi di Michele Ferrazza esercitavano, nella zona interessata,  i servizi di linea Piedimonte – Pietramelara, Piedimonte – Teano e Baia Latina – Caserta - Napoli.

5Tale scelta, il cui vero artefice fu l’amministratore Lavaggi, è stata indubbiamente coraggiosa, considerando l’entità dell’affare e l’impegno richiesto. Ad onor del vero, non vi furono segnalazioni, né parentele, né le parti si conoscevano, se non per la circostanza notoria dell’esercizio di autolinee Ferrazza nella zona interessata. La fiducia nacque durante i colloqui preliminari intervenuti fra Lavaggi e Guido Ferrazza e i loro rapporti rimasero ottimi per tutta la durata del contratto di noleggio, per continuare poi anche negli anni successivi, fino alla prematura scomparsa di Guido Ferrazza (1972).      

6Non si fece in tempo a far decorrere il contratto dal 1° luglio, in quanto, l’autorizzazione del  Ministero dei trasporti all’operazione intervenne solo il 9 luglio 1964.

7Era esclusa dal contratto la tratta S. M. Capua Vetere – Capua, affidata alla ditta Carbone Andrea. Fu articolata in due segmenti: S. Maria Capua Vetere (S. Andrea dei Lagni) – S.Angelo in Formis – Capua e S. Angelo in Formis – Stazione F.S. Capua, da esercitarsi con tre automezzi. Nelle proroghe, dal luglio 1967, la tratta, fu  ridotta unicamente a S. Andrea dei Lagni – S. Maria Capua Vetere – Capua, da esercitarsi con soli due automezzi.

8I nuovi automezzi (complessivamente in numero di 25) furono reperiti in breve tempo grazie al contributo del rag. Massimo Maurizi (n. 10 Fiat 309 e n. 4 Fiat 306) e del comm. Torlonio Noceta (n. 11 Fiat 306), entrambi residenti a Roma.   

9In tutte e tre le foto della collezione Capezza, pubblicate nel sito Le strade ferrate nel paragrafo dedicato allo Scalo Merci, si possono notare gli autobus noleggiati dalla società (le foto del maggio 1967 riguardano proprio il periodo interessato); in particolare, nella terza fotografia, all’estrema sinistra, si vede un autobus ricoverato all’interno della rimessa realizzata in ferro.

 

e. La cessione della Compagnia alle T.P.N. e la gestione integrata delle autolinee

Il noleggio Ferrazza (all’epoca, la società noleggiatrice era sinteticamente indicata come ditta Ferrazza), come detto, terminò il 31 gennaio 1969 [ved. FOTO 7]. La direzione delle Tranvie Provinciali di Napoli (T.P.N.), nuova proprietaria dall’ottobre 1968, non rinnovò il contratto di noleggio e decise di effettuare il servizio integrativo con i propri mezzi - essendo essa stessa una società di trasporto automobilistico -, considerato fra l’altro, che la Compagnia, inizialmente (almeno fino al 1973, prima di essere incorporata nelle T.P.N.), aveva conservato autonomia di gestione.

Con la scadenza definitiva dei contratti, la società noleggiatrice Ferrazza – Di Franco - Ferrazza si sciolse ed entrò in liquidazione1. Anche in assenza della disdetta non era comunque intenzionata a continuare la locazione di mezzi per l’Alifana, soprattutto dopo il cambio di proprietà della ferrovia, poiché non sussistevano più le condizioni per un normale e pacifico servizio di noleggio. Infatti, l’esecuzione del contratto fu assai tormentata e i soci furono pienamente investiti dalla grave crisi economica e societaria dell’Alifana, nell’ambito, comunque, della crisi di tutti i trasporti pubblici campani di quegli anni.

Si invocava, con forza, da più parti, la nazionalizzazione dei servizi di trasporto, mediante l’acquisizione, anche coatta, dell’azienda private da parte di enti pubblici. Inoltre, per l’Alifana si contestava il fatto che fosse l’unica azienda, tra quelle concessionarie di servizi di trasporto, a non possedere i mezzi necessari per l’espletamento del servizio e a ricorrere ad appalti di noleggio.

Furono, quindi, indetti molti scioperi, soprattutto nell’autunno/inverno 1968-69, proprio in coincidenza con l’ultimo periodo del noleggio Ferrazza; da una parte, vi erano i dipendenti dell’Alifana, i quali, vedendo sempre più incerta la loro posizione in relazione alla crisi inesorabile della ferrovia, lottavano per un assunzione nel pubblico e, quindi, per l’acquisizione dell’Alifana da parte di un ente pubblico; dall’altra, vi erano i dipendenti della Ferrazza (in gran parte ex CETA) che, prossimi alla scadenza del contratto di noleggio (prevista per la fine di gennaio del 1969), si sarebbero trovati disoccupati, in mancanza di assunzione dell’impresa noleggiatrice subentrante.      

Quest’ultimo era un vecchio problema, che si era già proposto alla fine del noleggio della CETA, nel 1964, quando molti lavoratori di questa società erano rimasti in esubero.  Allora, per risolvere il problema, il Ministero dei Trasporti fece inserire nel contratto di noleggio una clausola con la quale s’imponeva alla società noleggiatrice Ferrazza- Di Franco- Ferrazza l’assunzione degli ex dipendenti CETA, imponendo oltretutto un numero esorbitante di assunzioni (i dipendenti della Ferrazza arrivarono fino a 25 unità, mentre ne erano sufficienti una decina), con aggravio di costi per la società appaltatrice e di difficoltà nella gestione del personale.

La fortissima spinta di lavoratori, sindacati e forze politiche di opposizione verso la nazionalizzazione dei servizi di trasporti favorì paradossalmente le strategie della proprietà della Compagnia, la quale, cercando da diverso tempo di cedere le Ferrovie Alifane2, riscontrava molta difficoltà a trovare un acquirente disposto a rilevare un bene manifestamente improduttivo. E così la Compagnia, dopo aver orientato la sua ricerca di possibili acquirenti verso gli enti pubblici o a partecipazione pubblica, iniziò ad intavolare le trattative per la cessione con la società Tranvie Provinciali di Napoli. Questa società, posseduta dal Comune di Napoli dal 1957, era intenzionata, quale impresa pubblica, ad acquistare l’Alifana, avendo l’ambizioso progetto, nel quadro di una progressiva regionalizzazione e di coordinamento del trasporto pubblico, di riunire in un unico ente concessionario tutto il servizio di trasporto della Campania. La Compagnia portò espressamente la trattativa alla conoscenza dei propri dipendenti, al fine di evitare i numerosi scioperi che potessero paralizzare il servizio (ferroviario e automobilistico) e compromettere così il buon fine del negoziato. L’acquisto della Ferrovia Alifana da parte delle T.P.N. costituì certamente uno sbocco positivo per la società cedente e sembrò costituire uno sbocco positivo anche per i dipendenti della Piedimonte d’Alife (così era anche chiamata all’epoca la Ferrovia Alifana)  e della Ferrazza, poiché la nuova società  proprietaria finalmente disponeva dei mezzi necessari per esercitare il servizio di autolinea senza ricorrere ad appalti esterni.

In realtà, con l’acquisizione della ferrovia da parte delle T.P.N. la crisi del servizio ferroviario e la situazione dei lavoratori si aggravarono simultaneamente. Nel gennaio del 1969 furono indetti diversi  scioperi, poiché si riteneva che le società T.P.N., nuova proprietaria, avesse minacciato di chiudere l’esercizio ferroviario, mettendo a repentaglio i posti di lavoro, e poiché la stessa si rifiutava di assumere alle sue dipendenze i lavoratori delle impresa noleggiatrice Ferrazza, il cui appalto era prossimo alla scadenza.

Il 18 febbraio 1969, gli ex dipendenti della Ferrazza occuparono, motu proprio, in segno protesta per la mancata assunzione, la sede della Ferrovia Alifana a Napoli. Dopo qualche mese, il 10 novembre, analoga manifestazione di protesta fu attuata dai colleghi dipendenti dell’Alifana, preoccupati dall’incerta sorte del loro posto di lavoro, non provvedendosi ai lavori necessari per assicurare la continuità dell’esercizio ferroviario, l’ammodernamento della stessa ferrovia e il suo inserimento nel contesto della proposta metropolitana regionale.   

I primi, nell’aprile del 1969 saranno quasi tutti (23 su 25) assunti dall’Azienda Tranvie Autofilovie di Napoli (A.T.A.N.), mentre  i secondi verranno assorbiti dalle T.P.N.

Con la cessione della Compagnia alle T.P.N., l’insediamento del nuovo gruppo dirigente3 e la fine del noleggio Ferrazza  ha inizio, dal febbraio 1969, la nuova fase di gestione interamente pubblica della ferrovia e il progressivo assorbimento dei servizi automobilistici integrativi. Infatti, i servizi di autolinee dell’Alifana confluirono progressivamente nel programma di coordinamento e razionalizzazione del trasporto pubblico regionale attuato dalle T.P.N., concessionaria di molte linee nel napoletano, senza più alcun  riferimento alla funzione integrativa della ferrovia4. 

Note

1Invece, alla ditte Roberto Ferrazza ed Eredi Michele Ferrazza, nell’ottica della nazionalizzazione del servizio di trasporto in concessione, fu tolto provvisoriamente, nel 1970, l’esercizio delle concessioni a favore delle T.P.N., e restituito agli aventi diritto, dopo una lunga vertenza giudiziaria, nel 1997. Pertanto, le T.P.N. si trovarono subito ad esercitare due servizi di autolinee sulla medesima tratta (tronco alto): quello integrativo della Ferrovia Alifana e quello in titolarità a Roberto Ferrazza.

2L’Impresa Pietro Cidonio, essendo impresa di costruzioni di grandi infrastrutture ed avendo avuto l’appalto per la ricostruzione della stessa ferrovia Alifana, ne aveva acquisito probabilmente il pacchetto di maggioranza come corrispettivo per l’esecuzione dei lavori in appalto. In effetti, la legge 14 giugno 1949, n. 410 prevedeva, all’art. 1, che i concorsi (di spesa) fossero accordati ai concessionari ed anche ai sub-concessionari o ad enti pubblici e privati che, in sostituzione dei concessionari e col consenso di questi, avessero assunto la esecuzione dei lavori.

3Dopo la cessione della Compagnia alle T.P.N., fu consentito ai precedenti amministratori di rimanere in carica fino al 15 febbraio 1969, mentre fu subito sostituito il direttore di esercizio, ing. Giuseppe Paolella, con l’ing. M. Rossetti. Alla metà di febbraio, cambiò quindi l’amministrazione e il gruppo dirigente della Compagnia, ad eccezione del direttore amministrativo, confermato nella persona dell’ing. Giuseppe Caputo.

4Nella seconda metà degli anni Ottanta, parte dei collegamenti automobilistici relativi all’area del casertano sono passati in gestione al C.P.T.C. (Consorzio Provinciale Trasporti Casertani), poi, dal 2001, A.C.M.S. (Azienda Casertana Mobilità e Servizi), mentre la restante parte e i servizi che gravitano essenzialmente fra Aversa e Napoli sono rimasti al C.T.P. di Napoli (ex. T.P.N.). Pertanto, l’attuale concessionaria dell’Alifana, la Metrocampania NordEst s.r.l., non esercita servizi automobilistici integrativi alla ferrovia Napoli – Piedimonte Matese.    

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