a. I servizi di
autolinea sostitutivi e integrativi negli anni Cinquanta e
Sessanta
In attesa
della ricostruzione del tronco alto e del ripristino del tronco
basso (che avvenne in breve tempo, essendo già attivo nel 1946),
il Ministero dei trasporti, subito dopo la guerra, al fine di
assicurare le comunicazioni tra Napoli e Piedimonte Matese già
servite dalla ferrovia, autorizzò la Gestione commissariale
governativa della Ferrovia Napoli – Piedimonte d’Alife (FNP), oltre a molte altre ferrovie in concessione, ad esercitare
servizi stradali paralleli sostitutivi o integrativi.
Questi servizi, già consentiti dal Regio
decreto legge 14 ottobre 1932 n. 1496, erano svolti con servizio
automobilistico sulle strade limitrofe alla sede ferroviaria,
cercando di raggiungere le medesime fermate e stazioni della
ferrovia. I servizi automobilistici sostitutivi
potevano provvisoriamente o definitivamente sostituire l’esercizio
ferroviario, mentre quelli integrativi, variabili
secondo le esigenze, supportavano la ferrovia, più o meno
intensamente, nel caso in cui essa non fosse stata in grado di
sostenere da sola il bacino di utenza.
Fra l’altro, poiché il servizio di autolinee
(integrativo e sostitutivo) era inserito nel bilancio della
concessionaria di ferrovia, l’autorizzazione all’esercizio
automobilistico poteva agevolare il miglioramento della
deficitaria situazione economica, consentendo la parziale
sostituzione di talune corse ferroviarie con autolinee, più
economiche. E di questa possibilità sostitutiva (e integrativa)
si avvalsero sempre le società proprietarie della Ferrovia Alifana
nel dopoguerra, organizzando un ampio servizio parallelo
automobilistico al fianco della ferrovia.
Oltre alle autolinee in concessione alla
Ferrovia Alifana, vi erano poi quelle affidate a concessionari
privati e pubblici, al fine di realizzare una maggior offerta di
servizio di trasporto alle popolazioni interessate, in
considerazione del fatto che una parte della ferrovia era distrutta,
mentre l’altra parte risultava inadeguata. Inoltre, l’istituzione
di un servizio stradale consentiva di collegare ulteriori paesi
limitrofi al percorso ferroviario, nonché migliorava i
collegamenti con gli stessi paesi raggiunti dalla ferrovia, dato
che le stazioni ferroviarie erano piuttosto distanti dal centro
abitato, mentre gli autobus potevano farvi ingresso.
In effetti, le concessioni di autolinee ad
imprese private aumentarono notevolmente dopo la guerra, proprio
con riguardo alla grande attenzione che i piani strategici
governativi della viabilità attribuivano al trasporto su gomma: i
servizi di autolinea assunsero così uno sviluppo veramente
imponente, acquistando un'importanza crescente nel quadro
dell’economia dei trasporti in Italia, almeno fino alla grande
crisi subita a partire dalla fine degli anni Sessanta, con
l’esplosione del processo di motorizzazione del Paese.
Le tariffe previste per il servizio
integrativo/sostitutivo con automezzi dovevano essere le medesime
di quelle previste per i treni (e inferiori a quelle delle altre
autolinee ordinarie in concessione), adottando tutte le
agevolazioni e gli sconti sui biglietti e gli abbonamenti
riservati ai c.d. pendolari (operai, impiegati, studenti)1;
in realtà, le tariffe delle autolinee dell’Alifana, per ragioni di
bilancio, subirono ben presto una maggiorazione rispetto a quelle
originarie, superando anche quelle delle ferrovie statali. Gli
aumenti delle tariffe dei servizi automobilistici furono comunque
concordati con gli altri concessionari presenti nelle zone
interessate dalla ferrovia, con il benestare dell’Ispettorato
della Motorizzazione di Napoli.
A fronte degli aumenti dei costi dei
biglietti, l’istituzione di un’autolinea per l’Alifana
sovvenzionata dallo Stato con maggiori agevolazioni tariffarie,
soprattutto per i lavoratori e gli studenti, fu sempre rigettata
dal governo e dal ministero dei trasporti.
Nota
1Nel
1950, il costo del biglietto era pari di 4 lire a viaggiatore-km,
a lire 3 per gli abbonamento mensili e i biglietti di
andata-ritorno, e lire 1,80 per gli operai. Nel 1966, il costo
del biglietto salì a 7 lire viaggiatore-km.
b. Il
servizio automobilistico (sostitutivo) sul tronco alto
Come già
anticipato, sin dall’immediato dopoguerra, la Gestione
commissariale governativa1 della Ferrovia Alifana
fu autorizzata ad esercitare il servizio di autolinee sostitutive
relativo al tronco alto (Piedimonte d’Alife – S. Maria Capua
Vetere), in attesa della ricostruzione della ferrovia; al
contempo, analoga concessione di autolinea fu conferita anche a
privati (ma limitatamente ad un’unica coppia di corse
giornaliere), onde potenziare il servizio complessivo di trasporto
per la popolazione dell’alifano. La linea in oggetto, per motivi
pratici, fu divisa in due tratte:
1)
Piedimonte d’Alife – Caserta (53 km). Il percorso stradale
seguiva, nella parte iniziale, quello della ferrovia: Piedimonte,
Alife, Dragoni, Alvignano, Caiazzo, Piana di Caiazzo (ora di Monte
Verna), Pontelatone R., S. Angelo in Formis, S. M. Capua Vetere.
Da qui il percorso era prolungato per Caserta (ritornata
ad essere, nel 1945, capoluogo di provincia), raggiunta
tramite la via Appia, il cui collegamento era stato ottenuto dalla
Gestione commissariale in aggiunta all’originaria previsione del
disciplinare di concessione.
Dopo il 1953, con l’apertura di una nuova
strada, si introdusse, per alcune corse, una variante nel tratto
Piana di Caiazzo – Caserta, venendo tale centro direttamente
raggiunto, via Fagianeria e S. Leucio, senza passare da S. Maria
Capua Vetere.
2) Piedimonte d’Alife - Napoli (84 km).
Il percorso stradale ricalcava quello precedente fino a
Caserta, con un prolungamento diretto per Napoli, via Caivano,
senza passare per Aversa, così
come invece previsto dall’originaria concessione della Ferrovia
Alifana: collegare direttamente Caserta con Napoli
significava abbreviare notevolmente i tempi di percorrenza del
servizio da Piedimonte, evitando tutte le stazioni intermedie fra
S. Maria Capua Vetere, Aversa e Napoli.
In effetti, il collegamento Napoli – Aversa – S. Maria
Capua Vetere era già garantito dal servizio ferroviario, nonché
dal servizio automobilistico afferente alla tratta bassa.
Nel 1946, il servizio veniva esplicato con
solo due coppie di corse giornaliere fra Piedimonte d’Alife e
Caserta, e una terza coppia di corsa che partendo da Napoli per
Piedimonte d’Alife alla mattina, faceva ritorno a Napoli nella
stessa giornata. In effetti,
questo tronco, come già rilevato precedentemente, aveva un
traffico molto più limitato rispetto al tronco basso, nel quale il
servizio automobilistico assunse dimensioni molto più
consistenti.
Inizialmente, la Gestione Commissariale della
Ferrovia Napoli – Piedimonte (FNP) si avvalse di automezzi propri.
Poi, nel 1949, affidò il servizio alla società S.I.T.A. (Società
Italiana Trasporti Automobilistici), per un anno. Quindi, il 18
novembre 1949 invitò i concessionari della zona alla gara per il
noleggio per i servizi sostitutivi del tronco alto. Vinse la
società anonima Fratelli Pannella di Napoli che esercitò il
servizio dal 1° gennaio 1950, con cinque coppie di corse
giornaliere, per la durata di un anno, obbligandosi a dare alla
Ferrovia il 40% degli incassi lordi.
Il contratto fu rinnovato nel 1951, per un
triennio, ancora con la società Pannella, che vinse la concorrenza
di un consorzio dell’alifano formato da concessionari della zona
(ditte E. Fortuna, R. Ferrazza, G. Di Franco, M. Ferrazza). Nel
rinnovo, le coppie di corse giornaliere per Napoli aumentarono da
5 a 7 e furono aggiunte due coppie di corse giornaliere nella
tratta Ruviano (6 km a nord di Caiazzo) – Napoli (62 km), le
quali, a Caiazzo, si immettevano nel percorso principale della
linea per Caserta e Napoli.
Tuttavia,
onde evitare ogni concorrenza e duplicati di corse sullo stesso
percorso, la società Fratelli Pannella, in accordo con la Gestione
Commissariale, volle coinvolgere ugualmente i concessionari
locali, consorziandosi con loro nell’aprile 1952. Si crearono così
i Servizi Automobilistici Alifani [ved.
FOTO 1], i quali,
oltre alla tratta principale Napoli (P.
Principe Umberto)– Piedimonte d’Alife (P.
Mercato ora Roma),
garantivano, mediante nove automezzi, il collegamento con Capua,
nonché con le diramazioni: S. Potito Sannitico, S. Gregorio e
Castello d’Alife, Raviscanina e S.Angelo d’Alife, Baia e Latina,
Alvignanello e Ruviano; Telese e Gioia Sannitica; Pietravairano e
Caianello Scalo.
Il
consorzio durò fino alla metà del 1954, quando fu dichiarato il
fallimento della società dei Pannella.
Nel 1955, dopo il ritorno alla gestione della
concessione della società francese Compagnie des Chemins de
Fer du Midi de l’Italie2, il noleggio degli
automezzi, con contratti annuali, fu affidato alla società
C.E.T.A. s.r.l. di Napoli
(Compagnia Esercizio Trasporti Automobilistici), la nuova
società costituita dalla famiglia Pannella, la quale garantiva il
servizio anche per il tronco basso (ved. infra 3c). Per tale
motivo, questa società fu sempre preferita alla ditta Roberto
Ferrazza, che limitava la sua offerta al solo servizio sostitutivo
per il tronco alto. Il noleggio della C.E.T.A., relativo ai
servizi automobilistici di entrambi i tronchi della ferrovia, durò
fino al giugno 1964.
Con gli anni, il numero di corse di autobus
fra Piedimonte d’Alife e Napoli raddoppiò e furono istituite due
coppie di corse da Ss. Giovanni e Paolo (1,5 km ad est di Caiazzo),
che si aggiunsero a quelle che partivano da Ruviano. Nel 1961,
poco prima del ripristino della ferrovia, avvenuto nell’aprile
1963, le coppie di corse sulla tratta Napoli – Caserta –
Piedimonte e diramazioni (Ruviano e Ss. Giovanni e Paolo)
erano divenute 14.
Intanto, nel 1956, la Compagnie aveva
ottenuto, unitamente alla ditta Roberto Ferrazza, un’ulteriore
concessione per la linea gran turismo Napoli – Matese3
[ved. FOTO 2],
esercitata nei mesi di luglio e agosto mediante una coppia di
corse giornaliera.
Anche dopo
il ripristino della ferrovia del tronco alto (aprile 1963), la
nuova società concessionaria dell’Alifana, la Compagnia
delle Ferrovie del Mezzogiorno d’Italia s.p.a.4
continuò ad avvalersi del servizio automobilistico, seppur nella
mutata funzione integrativa5, avendo previsto di
assorbire con la ferrovia fino al 70% dei viaggiatori delle
autolinee sostitutive (calcolati
in 517.000 unità). Nel
1964, furono comunque eliminate la corse sull’intera tratta Napoli
– Piedimonte d’Alife (ormai il collegamento diretto con Napoli era
assicurato dalla nuova ferrovia), mentre rimasero due coppie di 2
corse giornaliere sulla tratta intermedia fino a Caserta (ved.
infra paragr. 3 d) e
quattro coppie di corse fra Caiazzo-diramazioni e Caserta6.
Inoltre, a supplemento della concessione, la Compagnia
ottenne l’ulteriore diritto di collegare il centro di Piedimonte e
le sue frazioni (Sepicciano, S.Potito Sann.) con la stazione
ferroviaria.
Note
1Commissario
Governativo della ferrovia, fino al 1953, fu l’ing. Michele Costa,
che rivestì contemporaneamente anche la carica di Ispettore della
Motorizzazione per le regioni Campania e Basilicata. L’ing. Costa
collaborò alla progettazione del nuovo tracciato della ferrovia
del tronco alto; fu sostituito dall’ing. Zaccaria Lubrano.
Alla direzione del Servizio Autolinee fu invece preposto il
cav. Luigi Palumbo che rivestì la carica fino ai primi anni
Sessanta.
2Con l’avvento alla gestione della
Compagnie des Chemins de Fer du Midi de l’Italie fu
nominato direttore di esercizio l’ing. Ernesto D’Andrea che rimase
in carica fino al marzo 1962.
3La
linea, stagionale estiva, partiva da Napoli (piazza Principe
Umberto, poi da piazza Matteotti), passava per Aversa, S.Maria
Capua Vetere, Caserta, S.Leucio, Vaccheria, Caiazzo, Alvignano,
Alife, Piedimonte, Castello d’Alife, S. Gregorio per arrivare al
Matese (Passo di Prete Morto, poi fino a Miralago), in 2h
e 45’. Inizialmente lunga 96,5 km, passò in seguito a 101
km, per circa 12.500 km annui; la proposta di Roberto Ferrazza di
un suo prolungamento fino a Campobasso, tramite la strada appena
realizzata (ex interprovinciale 76), fu rifiutata dalla
Compagnie. Le due imprese continuarono a co-gestire il
servizio [ved. FOTO 3]
fino al 1966, poi la Compagnia rinunciò alla concessione alla fine
di marzo 1967, lasciando unico concessionario Roberto Ferrazza, il
quale, a sua volta, rinunciò alla linea nel 1969, in quanto ormai
improduttiva.
4Durante la gestione della
Compagnia delle Ferrovie del
Mezzogiorno d’Italia
fu nominato direttore di esercizio l’ing. Giuseppe
Paolella che rimase in carica fino all’ottobre 1968.
5Dopo il passaggio della proprietà
della Compagnia alle T.P.N. (ved. infra 3e), società pubblica
concessionaria di molte autolinee campane, il servizio integrativo
automobilistico dell’Alifana, a partire dagli anni Settanta,
confluì in un programma organico di trasporti regionale, perdendo
la sua funzione originaria di stretto legame con l’esigenze della
ferrovia.
6Purtroppo,
il servizio ferroviario del tronco alto non riuscì a decollare
pienamente, soprattutto per ragioni di bilancio. Nel 1975, a 12
anni dal ripristino, il servizio era svolto da quattro automotrici
e da appena due rimorchiate e non riuscì a fronteggiare l’aumento
di utenza determinatosi, soprattutto negli anni 1973-75, a causa
della crisi energetica. Per tali motivi, la ferrovia fu sempre
affiancata da un servizio (pubblico e privato) parallelo di
autobus che alleggeriva il traffico viaggiatori sui treni sociali,
sulla tratta Piedimonte –Caserta, e che con gli anni aumentò fino
ad arrivare a 11 coppie di corse giornaliere.
c. Il
servizio automobilistico (integrativo) sul tronco basso
Parimenti, sul tronco basso (Capua)
S. Maria Capua Vetere – Napoli, dove la linea ferroviaria
venne ripristinata e presto riattivata, fu esercitato un servizio
di autolinee, con funzione integrativa, mediante numerose corse
automobilistiche fra S. Maria Capua Vetere e Napoli, allo scopo di
collegare tutti i centri attraversati dalla ferrovia. Pure in
questo caso, alle corse in concessione all’Alifana, si
affiancavano quelle altrettanto numerose effettuate dai
concessionari di autolinee della zona, in concorrenza con la
stessa ferrovia.
Già prima del 1950, il servizio integrativo
di autolinee sulla tratta bassa iniziò ad assumere un ruolo
rilevante in rapporto al servizio ferroviario, articolato
inizialmente in undici coppie di corse giornaliere. Fra l’altro,
a fronte del più economico, veloce e duttile servizio di
autolinee, quello ferroviario non aveva continuità di esercizio
per le frequenti interruzioni dovute essenzialmente al
malfunzionamento dei materiali, vetusti e obsoleti1.
Col passare del tempo, il ruolo degli
automezzi diventò preponderante, non solo perché essi dovettero
fronteggiare l’aumento di utenza, ma anche perché la diminuzione
progressiva di efficienza per vetustà del materiale rotabile del
tronco basso ridusse drasticamente la capacità di trasporto di
ciascun convoglio ferroviario.
La
concessionaria fu quindi via via autorizzata ad incrementare il
servizio automobilistico, a parziale sostituzione delle corse
ferroviarie soppresse, con frequenze di corse ogni 20
minuti. Inoltre, le autolinee
dovettero sostituire il servizio ferroviario per collegare quelle
stazioni situate sulle tratte soppresse, temporaneamente o
definitivamente2. Non solo, ma la Compagnia ottenne
pure la concessione per collegare con autolinee centri abitati non
raggiunti dalla linea ferroviaria e non previsti dall’originario
disciplinare di concessione, come Parete e Casal di Principe3.
Al fine di snellire i tempi di percorrenza,
soprattutto per Aversa e S. Maria Capua Vetere, la linea dell’Alifana
bassa fu divisa in due percorsi principali, poiché la sede
stradale non sempre affiancava quella ferroviaria: il primo, da
Napoli (capolinea piazza Dante),
saliva per Capodimonte fino a
raggiungere Miano e Piscinola, e ponendosi in parallelo alla sede
ferroviaria, perveniva a (bivio Marano) Mugnano e Giugliano;
quindi, da Giugliano, la linea proseguiva nel casertano per
Parete, Trentola Ducenta, S. Marcellino, Frignano e Casal di
Principe. Una linea secondaria del percorso, giunta a Trentola
Ducenta, deviava per Casaluce.
Il secondo percorso, il più frequentato,
partendo sempre da Napoli (capolinea piazza Principe Umberto),
raggiungeva Capodichino, Secondigliano, Melito e poi, tramite la
SS 7 bis, Aversa, Teverola e poi fino a S. Maria Capua Vetere
(piazza S. Pietro). Una linea secondaria di questo percorso, giunta ad Aversa, deviava ancora
per Casaluce.
All’inizio degli anni Sessanta, il servizio
automobilistico integrativo per il tronco basso era così attuato,
con circa 30 automezzi [ved.
FOTO 4]:
1a) Napoli – Parete –
Frignano – Casal di Principe (29 km), con 48 c.c.g.
1b) Napoli - Trentola
Ducenta – Casaluce (20 km), con 6 cc.g.
2a) Napoli – Aversa –
S. Maria C. Vetere (30 km), con 48 c.c.g.
2b) Napoli – Aversa
- Casaluce (20 km), con 28 cc.g.
Occorre precisare che il programma di corse
era riferito ai giorni feriali, in quanto nei gironi festivi il
numero di corse, come sempre avvenuto (anche per il tronco alto),
veniva ridotto sensibilmente.
Considerando l’alto numero di corse
automobilistiche previste già negli anni Cinquanta - a fronte
della progressiva limitazione del numero di corse dei treni o
della loro soppressione -, era da porsi l’interrogativo se il
servizio integrativo di autobus per l’Alifana bassa fosse
solamente integrativo (per l’altro numero di utenza) o
addirittura in gran parte sostitutivo.
Anche per la linea relativa al tronco basso,
le società concessionarie della Ferrovia Alifana si avvalsero del
noleggio degli autobus, preferendo non acquistare mezzi propri.
Come per le autolinee del tronco alto, il contratto di appalto fu
stipulato dal 1950 con la società dei fratelli Pannella, e poi,
dalla metà degli anni Cinquanta fino al giugno 1964, con la
società C.E.T.A., sempre di proprietà dei Pannella.
Note
1All’inizio del 1975, un anno
prima della interruzione del servizio ferroviario del tronco
basso, solo due delle automotrici originarie erano rimaste in
servizio.
2Ved.
ad. es. l’eliminazione del tratto cittadino piazza Carlo III –
Scalo merci; o della tratta S. Andrea dei Lagni – S. M. Capua
Vetere – Capua.
3All’epoca,
Parete si trovava
sull’asse di comunicazione (SP
27) fra Giugliano e
Trentola Ducenta (sedi di stazione della ferrovia), mentre Casal
di Principe era facilmente raggiungibile da Frignano, tramite la
SP 17.
d. Il noleggio delle ditte Ferrazza e Di
Franco (luglio 1964 – gennaio 1969)
Come detto, per l’esercizio della concessione
di autolinee, integrative o sostitutive, la Gestione commissariale
governativa, prima, e la
Compagnie des Chemins de Fer du Midi de l’Italie, poi,
non si avvalsero di automezzi di proprietà, ma ricorsero al loro
noleggio, mediante appalto autorizzato dal Ministero dei
Trasporti: l’impresa noleggiatrice – che normalmente era pure concessionaria delle stesse linee o limitrofe - forniva gli
autobus (che dovevano viaggiare sotto le insegne di “Ferrovia
Alifana”), facendosi carico di tutte le spese e provvedendo al
loro rifornimento, pulizia e manutenzione, mentre i conducenti e i
fattorini dovevano essere invece dipendenti della Compagnia.
Gli incassi dei biglietti erano
divisi, in diversa percentuale, fra l’impresa noleggiatrice e l’Alifana.
Il contratto di noleggio normalmente aveva la durata annuale,
rinnovabile salvo disdetta.
Il Ministero dei Trasporti non ravvisò mai
l’opportunità che la società concessionaria assumesse il pieno
esercizio delle autolinee, considerato che tali autoservizi
dovevano essere ridimensionati appena fosse stato possibile
ripristinare il servizio ferroviario sull’intero percorso.
Alla fine
del 1963, dopo la cessione della ferrovia ad una società italiana
con sede in Roma1
e il cambio dell’organo amministrativo, la situazione mutò per
quanto riguarda la società appaltatrice del noleggio: la
Compagnia delle Ferrovie del Mezzogiorno d’Italia s.p.a.2, la nuova concessionaria, decise di non rinnovare il
contratto con la C.E.T.A. s.r.l., in scadenza a fine giugno 1964,
e avviò le ricerche per un’adeguata sostituzione. Si
pretendeva, in primo luogo, il noleggio di automezzi nuovi o di
recentissima fabbricazione, per evitare che la vetustà o l’usura
dei mezzi creasse frequenti interruzioni del servizio pubblico.
Dopo le
relative ricerche e istruttorie, la scelta dell’amministrazione3
cadde, nel marzo 1964, sulla famiglia Ferrazza, di Piedimonte
d’Alife, e su Giosuè Di Franco, di Alife, che gestivano servizi in
concessione di autolinee sulla medesima tratta o su tratte
limitrofe al tronco alto dell’Alifana4. Queste
famiglie, come si è visto, avevano già collaborato con la ferrovia
Alifana nei primi anni Cinquanta, sulla tratta Napoli – Caserta -
Piedimonte Matese. In particolare, la ditta Roberto Ferrazza – che
più volte, negli anni precedenti, aveva manifestato la
disponibilità ad assumere il noleggio per il tronco alto – era,
come si è detto, pure co-concessionaria, sin dal 1956, unitamente
all’Alifana, dell’autolinea gran turismo Napoli – Matese.
A questo
punto, la Compagnia stabilì di scorporare il noleggio per i due
tronchi, affidando quello per la tratta alta ai concessionari
delle autolinee, mentre quello per la tratta bassa, di entità
nettamente più rilevante, pensò di affidarlo ai figli dei
concessionari stessi, giovani
di età compresa fra i 24 e i 33
anni, ma con collaudata
esperienza nel settore, onde evitare che si confondesse la
gestione del noleggio per l’Alifana e la gestione delle autolinee
in concessione, con negative ripercussioni sul servizio, come si
era verificato nei noleggi precedenti.
Si
predisposero, quindi, per il luglio 1964, due contratti di
appalto: con il primo contratto, relativo alla concessione di
autolinea Piedimonte – Caserta e diramazioni (Alifana alta), il
noleggio fu affidato alle imprese concessionarie di autolinee
dell’alifano (ditta Roberto Ferrazza, ditta Eredi di
Michele Ferrazza, ditta Giosuè Di Franco); con il
secondo contratto, relativo alle concessioni di autolinee sul
percorso dell’Alifana bassa, il servizio di noleggio fu invece
affidato ai figli5 dei concessionari sopra citati,
capitanati da Guido Ferrazza, al fianco del quale si
unirono i cugini Angelo e Luciano Ferrazza (figli
di Michele) e
Vincenzo Di Franco (figlio di Giosuè). Costoro - come detto,
privi della titolarità di concessioni di autolinee - costituirono
una società di fatto (Ferrazza-Di Franco-Ferrazza)
per l’esecuzione del contratto di noleggio.
I
contratti furono sottoscritti entrambi il 15 luglio 1964
(con decorrenza del servizio per il 16 luglio6) e
registrati all’Ufficio del Registro di Piedimonte Matese. Avevano
una durata triennale: la scadenza originaria dei noleggi era
prevista per il 30 giugno 1967, ma con diverse proroghe, fu poi
prolungata fino al 31 gennaio 1969. Il corrispettivo del
noleggio, stabilito sotto il controllo del Ministero dei
trasporti, era commisurato ad ogni autobus-chilometro percorso in
servizio pubblico, mentre gli incassi erano tutti devoluti alla
Compagnia.
Le tratte interessate dal primo contratto
di noleggio, relativo al servizio automobilistico integrativo
della ferrovia Alifana sulle tratte Caserta – Piedimonte d’Alife e
diramazioni (Ruviano e SS. Giovanni e Paolo), erano quattro:
1) Caserta – Piedimonte (km 53)
2) Caserta – Ruviano (km 33)
3) Caserta - SS. Giovanni e Paolo (km 28)
4) Collegamento treni con Piedimonte
centro e frazioni (in coincidenza con l’arrivo dei treni
sociali).
I chilometri di concessione erano circa
180.000 km annui, notevolmente diminuiti rispetti agli anni
precedenti, essendo ormai in funzione il nuovo servizio
ferroviario. Era prevista una coppia di corse giornaliere
sulle prime tre tratte, alle
quali si devono aggiungere quelle effettuate da Roberto Ferrazza
quale concessionario in proprio (5 c.c.g Piedimonte - Caserta e
2 c.c.g. Caserta - Ruviano); nei mesi estivi non veniva
effettuato il collegamento Caserta – SS. Giovanni e Paolo.
Complessivamente, per l’esecuzione di questo contratto di
noleggio, furono richiesti dalla Compagnia, in buono stato e di
recente fabbricazione, quattro pullmann Fiat 309/1,
più uno di riserva.
Le tratte interessate dal secondo
contratto di noleggio, relativo al servizio automobilistico
integrativo della ferrovia Alifana sul tronco Napoli - S.M. Capua
Vetere7, erano tre:
1) Napoli - Aversa - S. Maria Capua Vetere
(30 km)
2) Napoli – Aversa – Casaluce (20 km)
3)
Napoli – Parete – Frignano - Casal di Principe (29 km).
Per le
prime due linee il capolinea, a Napoli, era posto a via Carriera
Grande (vicino piazza Principe Umberto), mentre per la terza, era
posto a via Micco Spadaro (vicino piazza Dante). A S. Maria Capua
Vetere, il capolinea era posto a piazza S. Pietro.
I chilometri annui di concessione erano poco
più di 1.900.000 (progressivamente ridotti nelle proroghe).
Rispetto al programma indicato nel 1961,
oltre alla soppressione della tratta minore Napoli – Trentola
Ducenta – Casaluce, vi era una diminuzione complessiva di circa
300.000 chilometri annui.
Per l’esecuzione del contratto di noleggio
per il tronco basso, furono richiesti dalla Compagnia 23 pullmann
nuovi (n. 10 FIAT 309/1 [ved.
FOTO 5], da
impegnarsi sulla tratta Napoli – Frignano, e n. 13 FIAT 306/3,
da impegnarsi sulla tratta Napoli - Aversa – (Casaluce) - S.
Maria Capua Vetere), più due di riserva (di fabbricazione non
anteriore al 1963)8.
In data 1 luglio 1966 fu stipulato un
contratto integrativo riguardante il noleggio di autobus per
il breve tratto in Napoli fra lo Scalo Merci dell’Alifana
e via Carriera Grande (km. 2,6, andata e 2,8 km,
ritorno), ossia un collegamento fra il capolinea dei treni e
quello degli automezzi per Aversa e S. Maria Capua Vetere (anche
detto noleggio era stato in precedenza affidato alla C.E.T.A.).
Il servizio, al quale furono adibiti 3
automezzi FIAT 309 [ved.
FOTO 6], prevedeva 34 coppie giornaliere di corse, nei
giorni feriali, e 21 coppie di corse, nei giorni festivi. Per
l’esecuzione del contratto si creò una seconda società di fatto,
costituita il 1° luglio 1966, detta G. A. & L.
Ferrazza, i cui soci partecipanti erano unicamente
Guido e i cugini Angelo e Luciano Ferrazza.
La sede legale della società Ferrazza-Di
Franco-Ferrazza e della G.A.L. Ferrazza era a
Piedimonte d’Alife (ora Matese), ma la sede amministrativa
era a Napoli, Corso Malta 169, vicino allo Scalo Merci dell’Alifana,
all’interno del quale fu collocata la principale sede
operativa9 delle società, costituita da un capannone di
400 mq. con struttura di ferro, operante come rimessa e come
officina, mentre nell’adiacente area scoperta di 3.000 mq. furono
impiantati lavaggio e distributore di gasolio (il tutto,
realizzato per l’occasione, fu smontato ed eliminato alla fine del
contratto di noleggio).
Altra rimessa era situata in S. Maria Capua
Vetere, via Galatina (3 pullmann ricoverati con un operaio
addetto), con lavaggio e distributore di gasolio, mentre a
Frignano era previsto un appoggio presso un distributore di
benzina per il solo lavaggio.
L’orario del servizio di autolinee era ampio,
compreso fra le 4,40 e le 23,10; nell’intervallo,
durante la notte, si provvedeva alla pulizia e alla riparazione
degli automezzi.
Note
1Nel
1962, un anno prima del ripristino del servizio ferroviario sul
tronco alto, la società
francese Compagnie
des Chemins de Fer du Midi de l’Italie
cedette la titolarità della Ferrovia Alifana alla società italiana
Impresa Pietro
Cidonio s.p.a. di
Roma. Il subingresso fu autorizzato con D.M. n. 345 del 14
febbraio 1962, con retrodatazione al 30 gennaio 1962 (dato
gentilmente fornitoci dal libro “Mitica Alifana” di G.G.
Caracciolo e A. Lutri, Imago Editrice 2009).
L’Impresa Pietro Cidonio
s.p.a. di Roma, antica e importante società di costruzioni di
infrastrutture (edili ferroviarie portuali e idrauliche),
si era distinta, nel settore ferroviario, prima della guerra,
nella ricostruzione della Ferrovia del Gargano. Entrò quindi, nel
1963, nel gruppo della Società Italiana per condotte d’acqua
s.p.a. di Roma, anch’essa importante società di costruzioni
(fondata nel 1880); entrambe le società, agli inizi degli anni
Settanta, furono acquisite dall’IRI-ITALSTAT e, dopo le recenti
privatizzazioni, sono ancora oggi società di grande rilevanza nel
settore delle costruzioni di infrastrutture.
2
La denominazione fu
mutata (ossia, tradotta) in Compagnia delle Ferrovie
del Mezzogiorno d’Italia s.p.a. nel marzo 1962. Nel 1964,
il suo capitale sociale risultava essere di lire 70 milioni.
3Amministratori
delegati e legali rappresentanti della Compagnia erano, a quel
tempo, l’ing. Giovanni Cidonio e l’avv. Gabriele Lavaggi,
il cui ufficio era collocato a Roma, Viale Liegi 26, mentre la
direzione di esercizio era collocata nella sede storica dell’Alifana
a Napoli, piazza Carlo III. Cidonio e Lavaggi erano anche
consiglieri delegati della Impresa Pietro Cidonio s.p.a. di
Roma.
4Roberto
Ferrazza (1897-1974) era concessionario di autolinea della tratta
S. Gregorio (Matese) - Caserta, di 67 km complessivi, la cui
tratta Piedimonte – Caserta era esattamente coincidente con la
tratta di autolinee in concessione all’Alifana. A Caiazzo, poi,
si connetteva anche un’altra linea in concessione a Roberto
Ferrazza, la Piedimonte – Gioa Sannitica - Caserta, proveniente da
Ruviano. Giosuè Di Franco aveva in concessione la tratta Alife –
Napoli e S. Angelo d’Alife - Caserta, mentre gli eredi di Michele
Ferrazza esercitavano, nella zona interessata, i servizi di linea
Piedimonte – Pietramelara, Piedimonte – Teano e Baia Latina –
Caserta - Napoli.
5Tale
scelta, il cui vero artefice fu l’amministratore Lavaggi, è stata
indubbiamente coraggiosa, considerando l’entità dell’affare e
l’impegno richiesto. Ad onor del vero, non vi furono segnalazioni,
né parentele, né le parti si conoscevano, se non per la
circostanza notoria dell’esercizio di autolinee Ferrazza nella
zona interessata. La fiducia nacque durante i colloqui
preliminari intervenuti fra Lavaggi e Guido Ferrazza e i loro
rapporti rimasero ottimi per tutta la durata del contratto di
noleggio, per continuare poi anche negli anni successivi, fino
alla prematura scomparsa di Guido Ferrazza (1972).
6Non
si fece in tempo a far decorrere il contratto dal 1° luglio, in
quanto, l’autorizzazione del Ministero dei trasporti
all’operazione intervenne solo il 9 luglio 1964.
7Era esclusa dal contratto la
tratta S. M. Capua Vetere – Capua, affidata alla ditta Carbone
Andrea. Fu articolata in due segmenti: S. Maria Capua Vetere (S.
Andrea dei Lagni) – S.Angelo in Formis – Capua e S. Angelo in
Formis – Stazione F.S. Capua, da esercitarsi con tre automezzi.
Nelle proroghe, dal luglio 1967, la tratta, fu ridotta unicamente
a S. Andrea dei Lagni – S. Maria Capua Vetere – Capua, da
esercitarsi con soli due automezzi.
8I
nuovi automezzi (complessivamente in numero di 25) furono reperiti
in breve tempo grazie al contributo del rag. Massimo Maurizi (n.
10 Fiat 309 e n. 4 Fiat 306) e del comm. Torlonio Noceta (n. 11
Fiat 306), entrambi residenti a Roma.
9In
tutte e tre le foto della collezione Capezza, pubblicate nel sito
Le strade ferrate
nel paragrafo dedicato allo Scalo Merci, si possono notare gli
autobus noleggiati dalla società (le foto del maggio 1967
riguardano proprio il periodo interessato); in particolare, nella
terza fotografia, all’estrema sinistra, si vede un autobus
ricoverato all’interno della rimessa realizzata in ferro.
e. La
cessione della Compagnia alle T.P.N. e la gestione integrata
delle autolinee
Il
noleggio Ferrazza
(all’epoca, la società
noleggiatrice era sinteticamente indicata come ditta Ferrazza),
come detto, terminò il 31 gennaio 1969 [ved.
FOTO 7].
La direzione delle Tranvie Provinciali di Napoli (T.P.N.), nuova
proprietaria dall’ottobre 1968, non rinnovò il contratto di
noleggio e decise di effettuare il servizio integrativo con i
propri mezzi - essendo essa stessa una società di trasporto
automobilistico -, considerato fra l’altro, che la Compagnia,
inizialmente (almeno fino al 1973, prima di essere incorporata
nelle T.P.N.), aveva conservato autonomia di gestione.
Con la scadenza definitiva dei contratti, la
società noleggiatrice Ferrazza – Di Franco - Ferrazza si
sciolse ed entrò in liquidazione1. Anche in assenza
della disdetta non era comunque intenzionata a continuare la
locazione di mezzi per l’Alifana, soprattutto dopo il cambio di
proprietà della ferrovia, poiché non sussistevano più le
condizioni per un normale e pacifico servizio di noleggio.
Infatti, l’esecuzione del
contratto fu assai tormentata e i soci furono pienamente investiti
dalla grave crisi economica e societaria dell’Alifana,
nell’ambito, comunque, della crisi di tutti i trasporti pubblici
campani di quegli anni.
Si invocava, con forza, da più parti, la
nazionalizzazione dei servizi di trasporto, mediante
l’acquisizione, anche coatta, dell’azienda private da parte di
enti pubblici. Inoltre, per l’Alifana si contestava il fatto che
fosse l’unica azienda, tra quelle concessionarie di
servizi di trasporto, a non possedere i mezzi necessari per
l’espletamento del servizio e a ricorrere ad appalti di noleggio.
Furono, quindi, indetti molti scioperi,
soprattutto nell’autunno/inverno 1968-69, proprio in coincidenza
con l’ultimo periodo del noleggio Ferrazza; da una parte,
vi erano i dipendenti dell’Alifana, i quali, vedendo sempre più
incerta la loro posizione in relazione alla crisi inesorabile
della ferrovia, lottavano per un assunzione nel pubblico e,
quindi, per l’acquisizione dell’Alifana da parte di un ente
pubblico; dall’altra, vi erano i dipendenti della Ferrazza
(in gran parte ex CETA) che, prossimi alla scadenza del contratto
di noleggio (prevista per la fine di gennaio del 1969), si
sarebbero trovati disoccupati, in mancanza di assunzione
dell’impresa noleggiatrice subentrante.
Quest’ultimo era un vecchio problema, che si
era già proposto alla fine del noleggio della CETA, nel 1964,
quando molti lavoratori di questa società erano rimasti in
esubero. Allora, per risolvere il problema, il Ministero dei
Trasporti fece inserire nel contratto di noleggio una clausola con
la quale s’imponeva alla società noleggiatrice Ferrazza- Di
Franco- Ferrazza l’assunzione degli ex dipendenti CETA,
imponendo oltretutto un numero esorbitante di assunzioni (i
dipendenti della Ferrazza arrivarono fino a 25 unità,
mentre ne erano sufficienti una decina), con aggravio di costi per
la società appaltatrice e di difficoltà nella gestione del
personale.
La fortissima spinta di lavoratori, sindacati
e forze politiche di opposizione verso la nazionalizzazione dei
servizi di trasporti favorì paradossalmente le strategie della
proprietà della Compagnia, la quale, cercando da diverso tempo di
cedere le Ferrovie Alifane2, riscontrava molta
difficoltà a trovare un acquirente disposto a rilevare un bene
manifestamente improduttivo. E così la Compagnia, dopo aver
orientato la sua ricerca di possibili acquirenti verso gli enti
pubblici o a partecipazione pubblica, iniziò ad intavolare le
trattative per la cessione con la società Tranvie Provinciali di
Napoli. Questa società,
posseduta dal Comune di Napoli dal 1957, era intenzionata, quale
impresa pubblica, ad acquistare l’Alifana, avendo l’ambizioso
progetto, nel quadro di una progressiva regionalizzazione e
di coordinamento del trasporto pubblico, di riunire in un
unico ente concessionario tutto il servizio di trasporto della
Campania. La Compagnia portò espressamente la trattativa
alla conoscenza dei propri dipendenti, al fine di evitare i
numerosi scioperi che potessero paralizzare il servizio
(ferroviario e automobilistico) e compromettere così il buon fine
del negoziato. L’acquisto della Ferrovia Alifana da parte delle
T.P.N. costituì certamente uno sbocco positivo per la società
cedente e sembrò costituire uno sbocco positivo anche per i
dipendenti della Piedimonte d’Alife (così era anche
chiamata all’epoca la Ferrovia Alifana) e della Ferrazza,
poiché la nuova società proprietaria finalmente disponeva dei
mezzi necessari per esercitare il servizio di autolinea senza
ricorrere ad appalti esterni.
In realtà, con l’acquisizione della ferrovia
da parte delle T.P.N. la crisi del servizio ferroviario e la
situazione dei lavoratori si aggravarono simultaneamente. Nel
gennaio del 1969 furono indetti diversi scioperi, poiché si
riteneva che le società T.P.N., nuova proprietaria, avesse
minacciato di chiudere l’esercizio ferroviario, mettendo a
repentaglio i posti di lavoro, e poiché la stessa si rifiutava di
assumere alle sue dipendenze i lavoratori delle impresa
noleggiatrice Ferrazza, il cui appalto era prossimo alla scadenza.
Il 18 febbraio 1969, gli ex dipendenti della
Ferrazza occuparono, motu proprio, in segno protesta per la
mancata assunzione, la sede della Ferrovia Alifana a Napoli. Dopo
qualche mese, il 10 novembre, analoga manifestazione di protesta
fu attuata dai colleghi dipendenti dell’Alifana,
preoccupati dall’incerta sorte del loro posto di lavoro, non
provvedendosi ai lavori necessari per assicurare la continuità
dell’esercizio ferroviario, l’ammodernamento della stessa ferrovia
e il suo inserimento nel contesto della proposta metropolitana
regionale.
I primi, nell’aprile del 1969 saranno quasi
tutti (23 su 25) assunti dall’Azienda Tranvie Autofilovie di
Napoli (A.T.A.N.), mentre i secondi verranno assorbiti dalle
T.P.N.
Con la cessione della Compagnia alle T.P.N.,
l’insediamento del nuovo gruppo dirigente3 e la fine
del noleggio Ferrazza ha inizio, dal febbraio 1969, la
nuova fase di gestione interamente pubblica della ferrovia e il
progressivo assorbimento dei servizi automobilistici integrativi.
Infatti, i servizi di autolinee dell’Alifana confluirono
progressivamente nel programma di coordinamento e
razionalizzazione del trasporto pubblico regionale attuato dalle
T.P.N., concessionaria di molte linee nel napoletano, senza più
alcun riferimento alla funzione integrativa della ferrovia4.
Note
1Invece,
alla ditte Roberto Ferrazza ed Eredi Michele Ferrazza, nell’ottica
della nazionalizzazione del servizio di trasporto in
concessione, fu tolto provvisoriamente, nel 1970,
l’esercizio delle concessioni a favore delle T.P.N., e restituito
agli aventi diritto, dopo una lunga vertenza giudiziaria, nel
1997. Pertanto, le T.P.N. si trovarono subito ad esercitare due
servizi di autolinee sulla medesima tratta (tronco alto): quello
integrativo della Ferrovia Alifana e quello in titolarità a
Roberto Ferrazza.
2L’Impresa
Pietro Cidonio,
essendo impresa di costruzioni di grandi
infrastrutture ed avendo avuto l’appalto per la
ricostruzione della stessa ferrovia Alifana, ne aveva acquisito
probabilmente il pacchetto di maggioranza come corrispettivo per
l’esecuzione dei lavori in appalto. In
effetti, la legge 14 giugno 1949, n. 410
prevedeva, all’art. 1, che i concorsi (di spesa)
fossero accordati ai concessionari ed anche ai sub-concessionari o
ad enti pubblici e privati che, in sostituzione dei concessionari
e col consenso di questi, avessero assunto la esecuzione dei
lavori.
3Dopo
la cessione della Compagnia alle T.P.N., fu consentito ai
precedenti amministratori di rimanere in carica fino al 15
febbraio 1969, mentre fu subito sostituito il direttore di
esercizio, ing. Giuseppe Paolella, con l’ing. M. Rossetti.
Alla metà di febbraio, cambiò quindi l’amministrazione e il gruppo
dirigente della Compagnia, ad eccezione del direttore
amministrativo, confermato nella persona dell’ing. Giuseppe Caputo.
4Nella seconda metà degli anni
Ottanta, parte dei collegamenti automobilistici relativi all’area
del casertano sono passati in gestione al C.P.T.C. (Consorzio
Provinciale Trasporti Casertani), poi, dal 2001, A.C.M.S. (Azienda
Casertana Mobilità e Servizi), mentre la restante parte e i
servizi che gravitano essenzialmente fra Aversa e Napoli sono
rimasti al C.T.P. di Napoli (ex. T.P.N.). Pertanto, l’attuale
concessionaria dell’Alifana, la Metrocampania NordEst s.r.l., non
esercita servizi automobilistici integrativi alla ferrovia Napoli
– Piedimonte Matese. |